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Di Santi Maria Randazzo

ACCADEVA ESATTAMENTE 60 ANNI FA: “IL SIGNOR MATTEI DOVRA’ ANDARSENE ?”

Il 25 ottobre 1962 il quotidiano britannico Financial Times pubblicava quello che sarebbe poi apparso come un tragico titolo profetico – “Will Signor Mattei have to go?” (Il Signor Mattei deve andarsene?”)-  atteso che due giorni dopo ( il 27 ottobre 1962) Enrico Mattei moriva nell’incidente aereo del suo aereo privato (un Morane-Saulnier Ms.760) decollato dall’aeroporto di Catania, diretto a Milano ma precipitato nei pressi di Bescapé. Le varie inchieste della magistratura, di cui l’ultima del 1997 condotta dal Sostituto Procuratore di Pavia Vincenzo Calia, hanno sancito che la caduta dell’aereo di Mattei fu la conseguenza di un sabotaggio; ma le inchieste non sono riuscite ad individuare i responsabili materiali ed i mandanti di quel sabotaggio: e probabilmente non saranno mai individuati. E’ però possibile avanzare alcune ipotesi illustrando il contesto in cui potrebbe essere maturata la decisione di eliminare Enrico Mattei; riportando i contenuti di alcuni documenti ufficiali degli archivi segreti americani, inglesi e francesi, oggi desecretati, anche se non è possibile stabilire nessi di correlazione diretta o di causalità tra il contenuto di tali documenti e il sabotaggio all’aereo di Mattei che ne causò lo schianto. Pur nei limiti che sono propri di una indagine e di una verità giudiziaria nessuno dubita che la causa della morte di Mattei fu: IL PETROLIO ed il potere politico esercitato da chi ne poteva detenere il controllo nel mercato mondiale.

Per capire le motivazioni che misero Mattei nelle condizioni di operare da protagonista internazionale nell’ambito dell’acquisizione e del commercio delle risorse energetiche fondamentali per poter realizzare lo sviluppo italiano, attraverso l’ENI, bisogna attenzionare una condizione particolare in cui si trovò l’Italia all’indomani della Conferenza di Yalta e della Conferenza di San Francisco, unica tra le nazioni occidentali a non avere più colonie. Questa particolare situazione fu abilmente sfruttata da Enrico Mattei che, ponendosi di fatto quale interlocutore-mediatore con i paesi del Medio Oriente e dell’Africa e sostenendone le politiche indipendentistiche, riuscì ad essere accettato come partner privilegiato nell’ambito di concessioni petrolifere, di accordi commerciali e di realizzatore di importantissime opere infrastrutturali quali oleodotti, raffinerie e impianti di trivellazione. Sin dall’inizio della sua attività quale presidente dell’ENI fu oggetto di interventi e pressioni perché evitasse di “ disturbare” con le sue iniziative politico-commerciali gli interessi delle grandi compagnie petrolifere anglo-americane (le cosiddette sette sorelle), proponendo agli Stati da cui si estraeva il petrolio contratti di gran lunga più vantaggiosi o, come nel caso dell’Algeria, di sostenere i movimenti indipendentisti antifrancesi. A nostro avviso il punto di non ritorno fu determinato dagli effetti congiunti conseguenti agli accordi che Mattei era riuscito a raggiungere con l’URSS, con l’IRAQ e che stava per raggiungere con la Cina.

Iniziamo quindi dai documenti che partono dal momento in cui ci si rende conto che Mattei, a cui veniva precluso l’ingresso dell’ENI nel club delle grandi Compagnie petrolifere, era in condizione di provocare seri danni non solo agli interessi economici delle grandi Compagnie petrolifere ma anche di interferire negli equilibri politici mondiali limitando, in prospettiva, la possibilità di diverse nazioni di essere sicure di poter avere garantito il loro fabbisogno energetico di petrolio e gas.

LA VICENDA IRANIANA

Ostacolato nel suo tentativo di far si che l’ENI sia ammessa nel club delle più grandi Compagnie petrolifere mondiali, Mattei continua a perseguire con assoluta determinazione l’espansione delle concessioni petrolifere nei campi petroliferi più ricchi. Nel 1957 Mattei riesce a entrare in Iran acquisendo, tramite l’AGIP, tre concessioni petrolifere che cogestisce con la Compagnia nazionale iraniana del petrolio, la National Iranian Oil Company: con tale accordo Mattei introduce una novità assoluta rispetto a tutte le precedenti condizioni che avevano caratterizzato i rapporti economici tra gli Stati concessori e le compagnie petrolifere, concedendo al governo iraniano il 75% dei profitti al posto del consueto 50%, imposto dalle Compagnie anglo-americane. E probabilmente questo il momento in cui da parte inglese si considera l’iniziativa di Mattei come un punto di non ritorno nelle relazioni diplomatiche tra Gran Bretagna ed Italia, provocando l’immediata convocazione dell’ambasciatore italiano a Londra da parte del Foreign Office. Nel manifestare l’assoluta contrarietà del governo inglese per l’accordo raggiunte da Mattei in Iran, il governo inglese invia un duro messaggio al governo italiano che sottintende il non riconoscimento dell’autonomia politica italiana alla luce dei patti del 1947:

“ […] Prima di approvare in via definitiva qualsiasi accordo che violi il principio del fifty-fifty, il governo italiano dovrebbe consultarsi con noi e con il governo degli Stati Uniti, considerati i nostri interessi petroliferi e anche la nostra posizione di alleati dell’Italia  nell’ambito della NATO”. (1)

Ed ancora in un altro messaggio inviato all’ambasciata del Regno Unito a Baghdad:

“ […] Sarebbe un peccato se, senza prima consultarsi con noi, gli Italiani si imbarcassero in un’impresa volta a mettere in crisi i delicati equilibri petroliferi del Vicino Oriente”. (2)

Cereghino e Fasanella ritengono che le pressioni inglesi furono la causa della caduta del governo  tripartito presieduto da Segni con l’intento di impedire la ratifica degli accordi tra l’ENI e l’Iran; il tentativo inglese non sortì gli effetti sperati in quanto il nuovo governo italiano presieduto da Adone Zoli, insediatosi il 19 luglio 1957, affida a Pella il Ministero degli Esteri:

“ […] Sarà proprio Pella ad accompagnare il Presidente della Repubblica Gronchi e Mattei nel viaggio ufficiale a Teheran, nel settembre successivo, che sancirà formalmente gli accordi petroliferi tra l’ENI e l’Iran”. (3)

LA VICENDA IRACHENA

Le condizioni ottenute dall’Iran con coll’accordo con l’ENI sollecitano l’interesse dell’Iraq; nel settembre del 1957 una delegazione irachena si reca in visita ufficiale a Roma approfondendo gli aspetti dell’accordo della transazione petrolifera tra l’Iran e l’ENI. La notizia viene acquisita dall’intelligence inglese che la trasmette al Foreign Office inglese. Infruttuosi sono i tentativi delle Compagnie petrolifere anglo-americane, spesso condotti con metodi estremamente aggressivi, di interferire con i piani di Mattei; nell’aprile del 1960 l’ambasciatore inglese Clarke prendendo atto dell’impossibilità di frenare l’attività di Mattei, suggerisce un accomodamento tra le sette sorelle e l’ENI per evitare ulteriori negative ripercussioni sul mercato mondiale del petrolio.

LA VICENDA SOVIETICA, CINESE E IRLANDESE

Tra la fine del 1960 e l’inizio del 1961 Mattei riesce a concludere un accordo con l’URSS per l’acquisto, a prezzi vantaggiosi rispetto ai prezzi di mercato, di 12 milioni di tonnellate di greggio sovietico in quattro anni realizzando così, assieme alle scorte provenienti dal Medio Oriente e dal Nord Africa, un surplus di forniture che può veicolare per rifornire altre nazioni. In tal senso all’inizio del 1961 Mattei avvia contatti con la Cina per proporre l’ENI come fornitore di petrolio a quella nazione: viene così programmata segretamente una visita ufficiale in Cina con la presenza del Presidente della Repubblica. Le nuove frontiere delle relazioni commerciali aperte da Mattei nei confronti di URSS e Cina aprono un fronte conflittuale all’interno della stessa NATO che crea una apposita commissione per valutare i potenziali pericoli per la sicurezza dell’Europa Democratica in conseguenza delle politiche commerciali messe in campo da Mattei.  Ulteriori elementi di tensioni tra Mattei e la Gran Bretagna derivano dalla annunciata volontà dell’ENI di realizzare una propria rete di distribuzione di carburanti in Inghilterra con l’AGIP, nonché la volontà di costruire una propria raffineria a Shannon, nella Repubblica d’Irlanda. (4)

LA VICENDA ALGERINA

All’inizio degli anni ’60 la Francia di De Gaulle avvia una stagione politica che si pone tre obiettivi: 1) Rendere autonoma la Francia dal punto di vista del fabbisogno energetico ( petrolio e gas) – 2) Assumere un ruolo politico primario in Europa attraverso un’intesa politico-economica con la Germania nella cogestione degli equilibri europei ( intesa sottoscritta a Ramboiller nel luglio del 1960) – 3) Distaccarsi dalla NATO. Un elemento fondamentale per poter conseguire l’obiettivo dell’autonomia rispetto al fabbisogno energetico era strettamente collegata alla possibilità che la Francia potesse sfruttare autonomamente i giacimenti del Sahara rivendicati dagli indipendentisti del Fronte di Liberazione Algerino che godette del pieno sostegno di Enrico Mattei che mise loro  a disposizione a Roma un locale dell’ENI nel mentre erano a buon punto le trattative. (5) La precarietà della situazione algerina e la possibilità che l’ENI potesse acquisire gran parte delle risorse (soprattutto gas) del Sahara, indusse i grandi petrolieri americani, inglesi e francesi a tentare di sganciarsi dal rapporto diretto col gli Algerini, offrendogli, nel luglio del 1961, una compartecipazione ad un pool di compagnie petrolifere per sfruttare le risorse del Sahara: Mattei rifiuta e questo provoca la dura reazione diplomatica francese e le minacce di morte dell’OAS a Mattei ed alla sua famiglia. Dalla Spagna l’OAS spedisce la lettera di minacce a Mattei:

I Vostri incoraggiamenti a Burghiba a reclamare una parte del Sahara e le vostre promesse di costruire una raffineria di petrolio a La Sghira non sono estranei agli ultimi avvenimenti in Tunisia. L’OAS di cui avete certamente sentito parlare in Algeria, e di cui conoscete certo i mezzi per sopprimere i disturbatori con gli attentati al plastico ha il piacere di farvi conoscere le decisioni che vi riguardano e che sono state prese in una riunione segreta a Parigi: sono considerati come ostaggi e condannati a morte il comm. Enrico Mattei e tutti i membri della sua famiglia. Ad ogni modo questa decisione sarà applicata solo se, dopo questo avvertimento, il signor Mattei continuerà le sue attività nefaste per la Francia e per i suoi alleati. Uno dei nostri emissari parte in questi giorni per Roma per mettere a punto le modalità della nostra decisione nel caso continuiate a esercitare le vostre attività sovversive”. (6)

Non lasciandosi intimidire dalle minacce dell’OAS, Mattei contrattacca e fa conoscere le ragioni delle sue decisioni, concedendo un’intervista a Gilles Martinet del Nouvel Observateur ( che sarà successivamente nominato ambasciatore francese a Roma). Così l’intervista:

“ […] La verità è che mi si rimprovera soprattutto di non aver accettato di stabilirmi nel Sahara a fianco delle Compagnie francesi, inglesi, americane. A più riprese mi è stata fatta questa offerta, ma ho sempre rifiutato una concessione. Non desidero che i miei tecnici si trovino un giorno nella necessità di lavorare sotto la protezione delle mitragliatrici. Con la guerra l’Italia ha perduto le sue colonie. Alcuni pensano che sia stata una disgrazia; in realtà fu un immenso vantaggio. E’ proprio perché noi non abbiamo più colonie che siamo oggi così ben accolti in Iran, in Egitto, in Tunisia, in Marocco, nella Repubblica Araba Unita, in Ghana. Non vedo perché dovremmo compromettere questa posizione associandoci a una operazione che, tutti lo ammettono, non potrà essere portata avanti indefinitamente sotto la sua forma attuale. Quando la guerra d’Algeria sarà finita, vedrò quello che sarà opportuno fare”. (7)

LA VICENDA USA

I reiterati tentativi da parte delle grandi Compagnie petrolifere e del governo inglese di porre un freno alle iniziative di Mattei si rivelano infruttuose e all’inizio del 1962 il quadro previsionale diventa ancora più fosco allorché Londra ha notizia che l’amministrazione USA, guidata da Kennedy, si sta adoperando per ricomporre lo scontro tra le Sette Sorelle e l’ENI non manifestando preclusioni a che all’azienda petrolifera italiana venga riconosciuto lo status di compagnia petrolifera di primo livello. Mattei registra la netta opposizione delle Sette Sorelle a che l’ENI venga ammessa tra di loro e, per forzare il gioco, fa filtrare una presunta volontà di adoperarsi perché l’Italia esca dalla NATO: provocazione o cos’altro? Sta di fatto che all’inizio dell’agosto 1962 viene reso noto che, nonostante l’opposizione delle grandi compagnie petrolifere anglo-americane, alla fine dell’anno è prevista una visita ufficiale italiana e del presidente dell’ENI alla Casa Bianca e ciò attestando il riconoscimento del rango di potenza internazionale dell’Italia. (8) Agli occhi degli inglesi la situazione è ormai irrecuperabile sul piano politico-diplomatico per cui la soluzione della questione, su suggerimento di Alexander Jarrat al Ministro Inglese dell’Energia, viene affidata all’Intelligence. In una nota dell’archivio segreto inglese redatta da Alexander Jarrat vengono precisati i seguenti motivi:

L’ENI sta diventando una crescente minaccia per gli interessi britannici. Ma non da un punto di vista commerciale. La quantità di petrolio a disposizione dell’ENI, infatti, è minima se comparata alle risorse della Shell e della Bp. La minaccia dell’ENI si sviluppa, in altre parti del mondo, nell’infondere una sfiducia latente nei confronti delle compagnie petrolifere occidentali. Inoltre, l’ENI incoraggia l’autarchia petrolifera a scapito degli investimenti e degli scambi delle imprese britanniche”. (9)

 

BIBLIOGRAFIA

  1. Documento degli archivi di Stato britannici: in Mario José Cereghino – Giovanni Fasanella – Il Golpe Inglese – Edizioni Chiarelettere – Milano 2020 , p. 161.
  2. Idem, p. 161.
  3. Idem, p. 162.
  4. Idem, p. 170.
  5. Benito Li Vigni – Le guerre del petrolio – Editori Riuniti – Roma 2004, p. 264.
  6. Benito Li Vigni, cit., p. 265.
  7. Benito Li Vigni, cit., p. 266.
  8. J. Cereghino – G. Fasanella – cit., p. 176.
  9. Idem, p. 177.

Foto Casa Museo Marche

 

 

 

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