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di Salvo Barbagallo

 

L’informazione in Italia è quella che tutti conoscono: le notizie in primo piano subiscono flussi e riflussi a seconda di ciò che sul momento è ritenuto più importante da chi l’informazione gestisce. Il fruitore dell’informazione (cartacea, televisiva, online) si chiede (a volte) quali siano i criteri di “selezione”, notando che (spesso) sui giornali i titoli principali e gli argomenti trattati siano quasi identici (più o meno a fotocopia). Bisogna ammettere (volente o nolente) che i mass media influenzano (a livelli individuale e collettivo) la visione della realtà, soprattutto quando si insiste su determinati aspetti, ignorando o ponendone altri in secondo (terzo, quarto, eccetera) livello. Sono meccanismi che l’utente dell’informazione non comprende, quando sta a rifletterci per un istante.

Così accade che si insiste per giorni e giorni su un avvenimento ritenuto primario, mentre altri eventi perdono di interesse, anche se hanno una loro specifica valenza.

È il caso della Libia, proposta sotto tutte le sfaccettature fin quando il premier italiano Matteo Renzi ha tenuto sulla corda (per mesi) la proposta di una leadership della Coalizione internazionale che sarebbe dovuta intervenire per pacificare quel Paese e lottare contro il Califfato jihadista, e poi quasi scomparsa dalla scena dei mass media quando è sfumata la possibilità di un intervento diretto su quel territorio.

Di ciò che accade veramente in Libia da settimane si conosce ben poco, quel che è noto è “noto” da tempo: c’è un Governo riconosciuto dalla Comunità internazionale – quello di Fayez Al Sarraj – e quel Governo viene contestato da un altro governo, sempre libico, ma non riconosciuto – quello di Tobruk sostenuto da Khalifa Haftar. È risaputo che il generale Khalifa Haftar, capo delle forze armate libiche che rispondono al parlamento di Tobruk, non riconosce il governo di unità nazionale (Gna) del premier designato Fayez Al Sarraj. E si conosce ben poco su cosa faccia attualmente l’Italia con la Libia. Quasi un mese addietro (il 17 maggio, per l’esattezza) il sito online “CYbernaua.it” ha pubblicato, con tanto di foto a corredo, un reportage dal quale si apprendeva che feriti libici erano stati trasportati da Tripoli a Roma:

L’Italia è, quindi, già in campo in soccorso del Governo di Fayez Al Sarraj.

E il terrorismo dell’Isis/Daesh, minaccia costante da anni per l’Europa e l’Occidente, presenza invadente in Libia? L’informazione c’è, ora, anche se non con i titoloni che era giusto che avesse. Scrive Lorenzo Cremonesi sul Corriere della Sera: Isis battuto e accerchiato nella sua roccaforte di Sirte. La Libia è a una svolta cruciale. Le milizie di Misurata, sostenute dai volontari arrivati da Tripoli sotto il controllo diretto del nuovo gabinetto di unità nazionale appoggiato dall’Onu e guidato dal neo-premier Fayez al Serraj, avanzando da sud-ovest, nelle ultime ventiquattro ore sono riuscite a conquistare l’aeroporto di Sirte e penetrare nei quartieri occidentali. Al loro fianco operano ben equipaggiate squadre di forze speciali britanniche e americane, che offrono intelligence, armi sofisticate e la copertura aerea, soprattutto tramite droni di nuova generazione (…).

Dunque una concreta svolta in Libia che dovrebbe rassicurare Europa e Occidente, dal momento che si apprende che in quella località vitale l’Isis è in fuga, così come si apprende che moltissimi militanti jihadisti si sono tagliati la barba e si sono accorciati i capelli per non farsi riconoscere.

Queste informazioni meritavano una più ampia risonanza…Oppure no?

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