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di Guido Di Stefano

 

Bellissima tra le belle  continuamente viene rivestita di stracci per celare le sue divine  forme e ricoperta di fango per deturpare le sue celestiali fattezze ed accecare la luce del suo sguardo; le sue morbide ammalianti chiome sono tagliate per sostituirle con viscidi repellenti serpenti: da tempo non si presenta più come l’ammaliatrice che “conquistata” conquistava gli invasori. Ed i rei sono sempre i maestri dell’apparire e non dell’essere: ingrati e limitati figli, di “ignoto lignaggio” e di “ignoto padrone” (o peggio essi stessi ignoti ed occulti padroni); neri corvacci malefici sempre “inclini” a vestire le penne del pavone e da pavoni sempre pronti a proclamarsi leoni. Leoni sì, ma per arroganza e crudeltà.

Terra delle valli incantate e dei picchi misteriosi; delle ubertose pianure e degli ospitali clinali; dei cangianti prati e dei multiformi boschi; dei timidi, cristallini ed argentini ruscelli e degli impetuosi, spumeggianti e rumorosi torrenti e fiumi; dipinta con i più brillanti colori dell’iride; un’apoteosi di odori ed effluvi; la perfetta coniugazione di acqua e fuoco; una sinfonia di voci; un grande popolo, sintesi di grandi popoli! Dove sono i grandi “condottieri”?

Abbiamo calcato ripetutamente e quasi ovunque il suolo natio: un poco per diletto ma per lo più per lavoro, per valorizzarlo e difenderlo.

E spostandoci abbiamo “assimilato” il bianco della pomice di Lipari con l’occhieggiante ossidiana; il nero della sabbia e gli effluvi solforosi di Vulcano; i “pastelli” di Linosa; le valli ed i monti; i piccoli canyon; i flutti e le lave; i silenzi ed i boati; i colori e gli odori; le luci e le ombre; le albe ed i tramonti; il sole e le nubi; i borghi e le città; le grandezze e le miserie; le labili ed evanescenti tracce dei laghi che furono, dei laghi dei miti e delle leggende; le impronte della preistoria e della storia: la vita, la nostra vita, il dono della nostra madre dea.

Abbiamo anche ripercorso in parte le strade dei grandi: Giorgio Maniace, Ruggero, Federico II di Svevia, quelli che li precedettero, quelli che li seguirono.

Quanta nostalgia! E ad ogni viaggio ci siamo persi nella contemplazione del nuovo non noto perché tale e del vecchio noto perché sempre nuovo ad ogni passaggio successivo.

Nostalgia? Non basta!

Noi siamo gli eredi del passato, tutto da riscoprire, tutto da riconquistare.

Noi siamo il presente della nostra casa, della nostra madre!

Noi siamo il futuro!

Drizziamo la schiena, alziamo la testa, facciamoci sentire, costruiamo!

Da subito, non dopo: se non ora, quando?

Ora la nostra madre può ancora abbracciarci ed infonderci forza e coraggio: domani chissà.

È meglio non trovarsi nella schiera di quelli che magari piangeranno perché non “sapevano” e  non osavano: meglio sconfitti che ignavi e meschini.

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