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di Salvo Barbagallo

 

Il 66enne presidente cinese Xi Jinping nel suo veloce tour italiano, ha voluto visitare anche Palermo. Visita breve. Arrivato ieri pomeriggio (sabato 23 marzo) a bordo di un Boeing 747-8L dell’Air China accompagnato dalla moglie Peng Liyuan, ha trascorso la notte a Villa Igiea, (80 delle 110 stanze dell’albergo occupate dalla delegazione al seguito), stamane ha incontrato una delegazione della comunità cinese residente nel capoluogo regionale, e alle 10 di stamane è ripartito per Nizza, da dove proseguirà per il Principato di Monaco.

Visita “turistica”: dal Palazzo del Parlamento siciliano (dal cui balcone principale sventolavano la bandiera rossa con le 5 stelle della Cina insieme a quelle dell’Ue, dell’Italia e della Sicilia) alla Cappella Palatina, e (ciliegina sulla torta) a conclusione il presidente dell’Assemblea Regionale Gianfranco Miccichè,  nella sua stanza, sulla Torre Pisana a Palazzo Reale, ha reso tributo alla coppia presidenziale con uno spettacolo del bambino puparo Antonio Tancredi Cadili (8 anni), concludendo con il dono di un pupo raffigurante Angelica.

Una visita “turistica” ma definita “storica”, e pur sempre “turistica”, quella del presidente cinese Xi Jinping in Sicilia che ha lasciato soddisfatti i protagonisti. Miccichè, infatti, ha affermato: Xi Jinping “è venuto qui in vacanza e ci ha fatto il regalo migliore, perché, conoscendo il mondo cinese, appena si saprà che il presidente Xi è venuto qui per turismo, dovremo raddoppiare gli aeroporti (…) Non si è parlato né di accordi, né di affari …“. E dall’altra parte lo stesso Xi Jinping ha dichiarato: ”Questa mia visita a Palermo è stata un grande spot per la città e la Sicilia. Sono sicuro che in futuro verranno milioni di turisti cinesi…”.

A crederci.

Forse quello del Presidente cinese voleva essere un diretto “sopralluogo” del territorio, o forse avrà avuto l’intenzione di “misurare il polso” ai responsabili della politica in Sicilia in vista di un qualche programma (commerciale o altro) da sviluppare nell’Isola. La comunità cinese in Sicilia si è ben “integrata” da tempo: non ha avuto bisogno né di barconi, né di trafficanti/scafisti: al suon di bigliettoni (tutto contante, sempre) ha acquistato licenze commerciali ed edifici, e non c’è piccolo o grande centro dove vistosamente si vedono appese le note lanterne rosse. Anni addietro si parlò di un ragguardevole investimento cinese nella Sicilia Orientale: l’acquisto di un enorme terreno sul quale si ipotizzava la costruzione di un mega aeroporto. Il progetto poi sfumò, non si sa bene se perché il terreno era di proprietà di ambienti vicini alla mafia, oppure per pressioni di natura politica. Chissà se i cinesi, ora, saranno interessati ad acquisire l’aeroporto di Catania, dal momento che la società di gestione è indirizzata alla privatizzazione.

Chi rappresenta la Sicilia in questo momento probabilmente non ha notato che la Cina è fortemente interessata a tutto ciò che circonda il Mediterraneo. Occorre ricordare che la Cina, nel 2017 ha svolto le sue prime esercitazioni navali nel Mediterraneo e nel Baltico insieme alla marina militare russa. Notizie dell’altro ieri non secondarie, visto che si è trattato della prima operazione della marina miliare di Pechino in un mare molto lontano dalla sua tradizionale area operativa. Ma è stato anche un segnale della sfida a Washington. Così come la flotta americana e quelle occidentali operano nel Mar Cinese Meridionale, allora anche la flotta dell’Esercito popolare può interferire in un mare considerato da sempre sotto il controllo dell’Occidente. E in quello stesso periodo ci fu anche un altro episodio molto significativo: quattro navi della Marina cinese visitarono ufficialmente la Grecia entrando le porto del Pireo, proprio quel porto in mano alla cinese Cosco. Un segnale chiaro di come non solo quel porto è perfettamente in grado di ospitare imbarcazione della marina di Pechino, ma anche dei rapporti politici e militari fra Cina e Grecia.

Cosa vuole “acquistare” oggi la Cina in Sicilia? Il porto di Palermo, o quale altra “struttura” che può diventare strategica anche a fini militari? Interrogativi che potrebbero far presupporre giochi estremamente pericolosi, dal momento che (volente o nolente) la Sicilia è già “occupata” dagli Stati Uniti d’America con le sue innumerevoli basi militari sparse sul territorio.

Su questa situazione chi dirige la Cosa pubblica in Sicilia dovrebbe riflettere molto attentamente per non aggiungere problemi a problemi che già la collettività isolana è costretta ad affrontare.

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