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Ma che si combatte (simulata)

di Salvo Barbagallo

Sembra un paradosso. Come fare la cronaca di una guerra che non c’è, ma si combatte, anche se “simulata”? Come fare una cronaca senza essere presenti, in quanto (di certo) non invitati? Eppure non è fantasia, ma “cronaca” affermare che oggi si conclude nelle acque della Sicilia Orientale, quelle prospicienti i territori di Catania e Siracusa, l’esercitazione aeronavale più importante della NATO nel Sud Europa, la “Dynamic Manta 2018” Ne abbiamo parlato nei giorni scorsi, ne abbiamo parlato lo scorso anno e negli anni precedenti perché la “Dynamic Manta” è una esercitazione “periodica”, annuale, che viene “potenziata” sempre maggiormente nella prospettiva realizzativa delle “attualità” di possibili scenari bellici. Scenari, evidentemente (ma forse siamo in errore) che corrispondono o “coincidono” con quelli dell’area del Mediterraneo.

Le collettività Siciliane, e quelle dei Paesi rivieraschi del Mediterraneo probabilmente non sono interessate a quelli che comunemente vengono definiti  “Wargames”, cioè di “Giochi di guerra”: con le pesanti crisi economiche che devono affrontare, i cittadini “comuni” hanno ben altro per la testa che pensare ai “giochi”, di qualsiasi natura siano. Infatti e purtroppo solo qualche sparuto groppuscolo pacifista ha tentato di far sentire la propria voce, voce che si è dispersa nell’indifferenza forse per la mancata informazione.

Ma come “informare” se della “Dynamic Manta 2018” (come per le edizioni precedenti) c’è solo la possibilità di adire a poche righe di comunicato rintracciabili sul sito del Ministero della Difesa italiano? Anche se, di converso, c’è da dire, che nello sesso sito vengono presentate molte foto (delle quali ne proponiamo alcune ai nostri lettori) dalle quali si può comprendere bene la “spettacolarità” dell’esercitazione aeronavale, che mostra (o dimostra) un dispendio (sicuramente più che oneroso, da un punto di vista economico e di energie umane) di navi da guerra, sottomarini e velivoli rafforzati da cinquemila militari di tutte le armi di dieci Paesi “alleati” partecipanti.

Ecco, riferendoci al “dispendio “economico”: quanto è costata all’Italia (cioè, agli Italiani) la partecipazione a questa “sola” esercitazione? Questo aspetto delle “spese militari” per esercitazioni (continue, quasi non stop, ovunque sul territorio nazionale e anche all’estero) e per le “missioni” a destra e a manca dei giovani militari di Casa nostra, questo aspetto della “spesa pubblica” è quasi sconosciuto. O per meglio dire, è noto solo agli “addetti ai lavori”.

Quindi, la “non” cronaca che presentiamo in questi termini della “Dynamic Manta 2018”, quella “non” cronaca di una guerra che non c’è ma che si è combattuta per giorni e giorni nelle acque “Siciliane” e che oggi si conclude, a gloria e diletto di quanti amano mostrare i muscoli (perché li hanno) e di quanti hanno preso parte solo per affermare la loro esistenza.

E a chiusura di queste note che ai lettori non hanno presentato “fatti”, ma solo considerazioni, ai nostri lettori (pochi, molti?) proponiamo un articolo apparso sul quotidiano “Il Manifesto” il 13 marzo scorso che, di certo, può suggerire delle riflessioni. E fin quando si “riflette” su ciò che accade attorno a noi, oseremmo dire che c’è ancora una “speranza” per il futuro.


“IL MANIFESTO” 13 MARZO 2018

L’Italia nella morsa USA/NATO

di Manlio Dinucci

 

Sono in corso simultaneamente, nella prima metà di marzo, due grandi esercitazioni di guerra – l’una nel Mediterraneo di fronte alle coste della Sicilia, l’altra in Israele – ambedue dirette e supportate dai comandi e dalle basi Usa/Nato in Italia.

Alla Dynamic Manta 2018 – esercitazione di guerra sottomarina, appoggiata dalle basi di Sigonella e Augusta e dal porto di Catania – partecipano forze navali di Stati uniti, Canada, Italia, Francia, Belgio, Germania, Gran Bretagna, Spagna, Grecia e Turchia, con 5000 uomini, navi di superficie, sottomarini, aerei ed elicotteri.

L’esercitazione è diretta dal Comando Nato di Lago Patria (Jfc Naples), agli ordini dell’ammiraglio statunitense James Foggo. Nominato dal Pentagono come i suoi predecessori, egli comanda allo stesso tempo le Forze navali Usa in Europa e le Forze navali Usa per l’Africa, il cui quartier generale è a Napoli Capodichino.

A cosa serva la Dynamic Manta 2018 lo spiega lo stesso ammiraglio Foggo: è iniziata la «Quarta battaglia dell’Atlantico», dopo quelle delle due guerre mondiali e della guerra fredda. Essa viene condotta contro «sottomarini russi sempre più sofisticati che minacciano le linee di comunicazione marittima fra Stati uniti ed Europa nel Nord Atlantico».

L’ammiraglio accusa la Russia di condurre «una attività militare sempre più aggressiva», citando come esempio caccia russi che sorvolano a bassa quota navi Usa. Non dice però che queste navi da guerra incrociano nel Baltico e nel Mar Nero a ridosso del territorio russo.

Lo stesso fanno i droni-spia Usa Global Hawk che, decollando da Sigonella, volano due o tre volte la settimana lungo le coste russe sul Mar Nero. L’ammiraglio Foggo, mentre col cappello di comandante Nato prepara in Italia le forze navali alleate contro la Russia, col cappello di comandante delle Forze navali Usa in Europa invia dall’Italia la Sesta Flotta alla Juniper Cobra 2018, esercitazione congiunta Usa-Israele diretta principalmente contro l’Iran. Dalla base di Gaeta è giunta ad Haifa la Mount Whitney, nave ammiraglia della Sesta Flotta, accompagnata dalla nave da assalto anfibio Iwo Jima.

La Mount Whitney è un quartier generale galleggiante, collegato alla rete globale di comando e controllo del Pentagono anche attraverso la stazione Muos di Niscemi. La Juniper Cobra 2018 – cui partecipano 2500 militari Usa e altrettanti israeliani – è iniziata il 4 marzo, mentre il premier Netanyahu, incontrando il presidente Trump, sosteneva che l’Iran «non ha rinunciato alle sue ambizioni nucleari» (non dicendo che è Israele l’unica potenza nucleare in Medioriente) e concludeva «l’Iran va fermato, questo è il nostro comune compito».

L’esercitazione simula la risposta israeliana al lancio simultaneo di missili da Libano, Iran, Siria e Gaza. Lo scenario reale può invece essere quello di un lancio missilistico falsamente attribuito agli Hezbollah libanesi alleati dell’Iran, quale pretesto per attaccare il Libano mirando all’Iran. Al massino 72 ore dopo, dichiarano ufficiali statunitensi e israeliani, arriverebbero dall’Europa (in particolare dalle basi in Italia) forze statunitensi per affiancare quelle israeliane nella guerra.

La presenza alla Juniper Cobra del generale Scaparrotti, capo del Comando Europeo degli Stati uniti, conferma tale piano, che egli ha definito in un incontro con lo stato maggiore israeliano l’11 marzo.

Poiché Scaparrotti è anche Comandante supremo alleato in Europa (carica che spetta sempre a un generale Usa), il piano prevede una partecipazione Nato, soprattutto italiana, a sostegno di Israele in una guerra su larga scala in Medioriente.

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